Uzbekistan: cresce la diffidenza negli investimenti cinesi

Cresce la sfiducia negli investimenti cinesi in Asia Centrale. Più aumenta il peso economico di Pechino in Tagikistan, Kirghizistan, Kazakistan e Uzbekistan, meno la popolazione locale vede migliorie alla propria situazione particolare, facendo aumentare la diffidenza nei confronti del gigante asiatico.

Secondo un sondaggio di Central Asia Barometer, uno dei pochi sondaggisti indipendenti con sede nella regione, gli investimenti di Pechino sono visti come un’ingerenza senza reale beneficio per la popolazione locale.

L’istituto demoscopico ha analizzato Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan lo scorso luglio (per telefono a causa del COVID-19) e lo scorso autunno (di persona) sugli atteggiamenti nei confronti degli investimenti diretti esteri dalla Cina.

Mentre gli intervistati in Kazakistan e Kirghizistan mostrano una costante diffidenza nei confronti di Pechino, ad esempio, solo il 7% dei kazaki e il 9% del Kirghizistan “sostengono fortemente” i progetti energetici e infrastrutturali che la Cina sviluppa nei loro paesi, gli investimenti cinesi sono molto più popolari in Uzbekistan.

Il ritardo con cui sono iniziati gli investimenti a Tashkent rispetto a Bishkek e Nur-sultan, oltre alla maggiore distanza geografica, possono spiegare l’accoglienza più calda riservata ai cinesi dagli uzbeki. L’Uzbekistan ha meno esperienza nel fare affari con la Cina. I prestiti da Pechino hanno iniziato ad essere una costante nell’economia locale solo dopo la morte del presidente isolazionista Islam Karimov nel 2016. Inoltre, a differenza del Kazakistan e del Kirghizistan, l’Uzbekistan non condivide un confine con la Repubblica Popolare Cinese. Un altro fattore potrebbe essere la densità di popolazione. L’Uzbekistan è più popolato in assoluto rispetto ai vicini, (33 milioni di abitanti contro i 18 milioni di kazaki, 9 milioni di tagiki e 6,3 milioni di kirghisi) ed ha una densità di popolazione 11 volte superiore al Kazakistan.

Eppure anche in Uzbekistan le buone sensazioni iniziano a calare e la sfiducia nei confronti dei cinesi aumenta. Mentre il 65% degli uzbeki aveva dichiarato nel 2019 di “sostenere fortemente” lo sviluppo dell’energia e delle infrastrutture da parte dei cinesi, ora solo il 48% lo fa. Quelli che si considerano “fortemente contrari” sono passati dal 2 al 10%, e gli analisti considerano che la dinamica già registrata nei paesi vicini sia irreversibile, poiché i progetti finanziati da Pechino creano meno ricchezza e meno posti di lavoro di quanto promesso.

Le preoccupazioni perenni sui cinesi che desiderano acquistare (e implicitamente in qualche modo stabilirsi) terra locale sono state presenti nella politica dell’Asia centrale sin dallo scioglimento dall’Unione Sovietica, e specialmente dopo che il Kirghizistan e il Tagikistan hanno ceduto parte del territorio a imprese cinesi per lo sfruttamento di miniere e giacimenti metallici. Anche in Uzbekistan cresce l’ apprensione, da sempre alta nel Kazakistan e nel Kirghizistan, secondo l’indagine.

A livello globale, le domande sul carico del debito si sono moltiplicate da quando la pandemia ha iniziato a devastare i bilanci nazionali. La percentuale di uzbeki che si definiscono “molto preoccupati” per i prestiti concessi da Pechino è aumentata e cresce la sfiducia nelle possibilità di Tashkent di onorarli senza aumentare la pressione fiscale sulla popolazione.

Il 25% dei kazaki, il 34% dei kirghisi e il 22% degli uzbeki riferiscono di essere “molto preoccupati” che “le relazioni economiche del loro paese con la Cina possano danneggiare le relazioni economiche del loro paese con la Russia”, considerato tradizionalmente il vicino più affidabile, per via della lunga storia comune e delle grandi comunità di emigrati che Mosca accoglie ogni anno e le cui rimesse sono fondamentali per milioni di famiglie in tutta l’Asia Centrale.

Fonte: Sicurezza Internazionale,26/10/2020

Articolo in inglese:

Poll shows Uzbeks, like neighbors, growing leery of Chinese investments

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