La notizia relativa ad un ristorante cinese che vietava l’ingresso agli italiani, riportata su vari organi di stampa, agenzie, TV locali e regionali aveva creato sconcerto e perplessità generale in città. Un episodio come quello segnalato faceva aumentare a dismisura la percezione da parte dell’opinione pubblica che alcune componenti della comunità cinese di Prato praticassero di fatto forme di “razzismo alla rovescia” e cioè nei confronti degli italiani.
Gli ultimi sviluppi.
Nella ultima seduta del consiglio Comunale svoltasi giovedi 17 novembre, all’ordine del giorno c’era anche lo svolgimento della interrogazione presentata ad agosto da Berselli. Ma clamorosamente l’assessore Daniela Toccafondi a nome della Giunta ha evitato di rispondere nel merito della interrogazione dicendo che siccome era ancora in corso l’indagine della magistratura su questo argomento non intendeva dare alcuna risposta. Berselli ha protestato replicando che il merito di quella interrogazione non interferiva in alcun modo con la questione oggetto di attenzione da parte della Procura della Repubblica. “Il mio intendimento, chiarisce Berselli, era quello di verificare quale fosse la percezione che del fenomeno aveva l’amministrazione comunale, e se non ci fossero analoghe consuetudini in altri locali gestiti da cinesi le cui attività di “pubblici esercizi” vengono autorizzate e regolamentate dalle amministrazioni pubbliche locali.
Berselli chiedeva al sindaco “se gli uffici del Comune avessero mai avuto sentore o notizia di episodi del genere e se le strutture e gli organismi di rappresentanza istituzionale e diplomatica cinese, con i quali il Comune tiene i rapporti, avessero preso posizione, e di che tipo, sulla vicenda” . Berselli voleva semplicemente sapere “quali iniziative intendesse intraprendere il Comune di Prato allo scopo di fare accertamenti di propria competenza amministrativa comunale”. Sul piano generale era infatti opportuno capire “cosa si intendesse fare per stroncare sul nascere questo tipo di tendenze affinchè azioni che nei fatti si configurano come reati di discriminazione razziale, non si propaghino in città”.
Il consigliere Berselli chiedeva “come si intendesse garantire che, anche nell’accesso e fruizione delle attività di esercizio commerciale, fosse garantita assoluta parita’ di trattamento, a prescindere dalla nazionalita’, dal colore della pelle e che le norme civili, penali e amministrative che garantiscono la pacifica convivenza fossero applicate con rigore non soltanto ai cittadini italiani ma anche a quelli provenienti da altri paesi. L’interrogazione si chiudeva con una ultima considerazione e cioè che “..a Prato, da decenni, la comunità cinese ha trovato ampi spazi per consolidare la propria presenza anche in attività commerciali soggette alla autorizzazioni dell’Amministrazione pubblica locale e quindi è più che opportuno capire in che modo il Comune intende far rispettare i diritti di tutti, italiani compresi”.
Epilogo
Cancellata di fatto l’interrogazione di agosto dall’ordine dei lavori del Consiglio, non rimaneva altro a Berselli che riproporne un’altra nuova di zecca ma con gli stessi quesiti. Cosa che puntualmente Berselli ha fatto con una nuovo atto già protocollato sul quale, prima o poi qualcuno dovrà obbligatoriamente rispondere.
Gonews,23/11/2016