·#杀死孩子母亲、强奸13岁少女,这在哪个国家都是重罪。可是,在共产党的中国、一名中国人民解放军战士,在犯下如此重罪时,却只受到脱去军装、禁闭一周的处罚。至今,他不仅不忏悔,反而在微博洋洋得意炫耀。请大家记住他的丑陋面貌,并请记住他的名字,他叫:张靖宇,网名:归云楼。
Screenshot del suo racconto sui suoi crimini di guerra, inizialmente condiviso tramite WeChat
Questa settimana, un ex soldato si è vantato in un gruppo di chat privato di aver ucciso una donna vietnamita e violentato la figlia adolescente durante la guerra sino-vietnamita.
Le autorità cinesi hanno avuto difficoltà a contenere l’indignazione online contro il post di Zhang Jingyu, che si descrive come un patriota maoista e che ha raccontato la sua storia in un gruppo privato sulla piattaforma social WeChat.
Zhan racconta di quando, nel 1979, all’età di appena 17 anni, è entrato nel villaggio di Cao Bang nel Vietnam durante un fuoco incrociato, uccidendo una donna e violentando la figlia adolescente.
Zhang è poi stato scoperto dal capo della squadra di assalto e condannato a una settimana di isolamento al suo rientro in Cina. Dopo questo episodio, l’esercito l’ha licenziato ma gli ha fornito le raccomandazioni necessarie perché potesse studiare lingue straniere all’università.
La breve guerra sino-vietnamita fu dichiarata dal leader cinese Deng Xiaoping nel 1979, dopo che il Vietnam invase la Cambogia. L’Esercito Popolare di Liberazione era riuscito a conquistare Cao Bang, nell’area vicino al confine, in meno di due settimane ma non sarebbe mai riuscito a entrare ad Hanoi.
Deng dichiarò la vittoria un mese dopo l’inizio dei combattimenti durante i quali le forze cinesi subirono delle pesanti perdite. In alcuni racconti storici cinesi tramandati per via orale [zh, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] si ricorda di come i soldati vietnamiti accusassero l’esercito cinese di essere più crudele di quello statunitense, che si era ritirato dal paese qualche anno prima dopo quasi 20 anni di occupazione. Anche altre fonti inglesi accusano l’esercito di aver commesso stragi di cittadini vietnamiti [en] al momento dell’abbandono del paese.
Nei suoi racconti Zhang non mostra alcun pentimento per le sue azioni:
Ho ucciso la madre, violentato la figlia di 13-14 anni. Erano tutti soldati. Durante la guerra, gli unici vietnamiti buoni erano quelli morti.
Ho fatto tutto questo quando avevo 17 anni e mezzo. Voi avreste avuto il coraggio di fare lo stesso? Se non dimostravate coraggio, sareste finiti morti, sepolti da eroi. Io però sono ancora vivo…
Nonostante i tentativi di censurare il racconto, il post di Zhang è stato immortalato in uno screenshot che è diventato virale sui social media cinesi. I netizen hanno fortemente condannato le sue azioni e chiesto alle autorità di avviare indagini sul caso e chiarire le circostanze storiche.
Ad oggi non si ha notizia di nessuna indagine pubblica ufficiale. Le critiche e le discussioni online sul caso sono state però ampiamente censurate.
Quasi tutte le discussioni relative al post e agli eventi associati sono state o censurate o considerate troppo crude per essere divulgate al pubblico. Di seguito è riportato un esempio di un commento censurato:
Coloro che sono riusciti a scavalcare il Great Firewall cinese hanno lasciato i seguenti commenti su Twitter. Questo è uno dei tanti:
Visto che tutti i commenti critici erano stati censurati sui social media, il blogger cinese Li Hanfan ha deciso di lodare Zhang per aver finalmente detto la verità sulla guerra sino-vietnamita:
Il blogger ha poi aggiunto:
La risposta ai commenti di Zhang sottolinea la disparità che molti netizen cinesi vedono nell’approccio dello stato alle cosiddette “voci” online. Mentre alcuni tipi di contenuti politici sono soggetti a una pesante censura, altri non lo sono.
Ad inizio settembre i funzionari hanno approvato nuovi regolamenti [en] che riconoscono come penalmente responsabile chiunque gestisca chatroom o gruppi di messaggistica — che sono spesso comuni cittadini — per la divulgazione di voci, truffe e argomenti politicamente sensibili su questo tipo di gruppi online. Molti affermano che la repressione è indirizzata a chi in passato ha espresso opinioni critiche nei confronti del governo cinese e delle autorità del Partito. Tuttavia, le conversazioni che sono considerate patriottiche — anche se crudeli e bellicosi come quelle di Zhang – non sembrano soggette ad alcuna azione punitiva.
Fonte: Global Voices, 1 ottobre 2017
English article: Global Voices, Despite Censorship, a Former Chinese Soldier Brags of His War Crimes Online
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