La speranza ostinata del Dalai Lama
«Non posso pronunciarmi in modo definitivo, ma secondo molti amici la prossima leadership cinese sarà più indulgente verso il Tibet». A pronunciare parole di speranza è il Dalai Lama da Dharamsala, India, dove si trova il governo tibetano in esilio dal 1959. «Non c’è niente di ufficiale – aggiunge all’agenzia Reuters - ma sembra che esponenti molto importanti del Partito comunista cinese vogliano cambiare l’atteggiamento del paese nei confronti del Tibet». Questo autunno sette dei nove membri del Comitato centrale del Politburo, che comandano di fatto il Partito e la Cina, cambieranno. Xi Jinping dovrebbe diventare il nuovo presidente e Li Keqiang il prossimo premier del Dragone. Il Tibet è stato “liberato pacificamente” dalla Cina nel 1950, con Mao, e il governo è fuggito in esilio nel 1959 dopo il massacro di circa 7 0 mila persone a Lhasa. Da allora i tibetani «vivono in un inferno», secondo un’espressione usata anni fa dallo stesso Dalai Lama: il regime comunista cinese, infatti, discrimina i tibetani nell’assegnazione degli incarichi pubblici, impedisce la diffusione della religione e della cultura tibetana, controlla in modo asfissiante la popolazione, tanto che a Lhasa nessuno può entrare o uscire. Ogni manifestazione o forma di dissenso viene repressa nel sangue. Per resistere e protestare contro quello che il Dalai Lama ha spesso chiamato «genocidio culturale», dal 2009 ben 51 tibetani si sono dati fuoco, due solo questa settimana. «Io non incoraggio queste azioni – ha detto ieri il nobel per la Pace – ma sono comprensibili, per quanto tristi. Il governo cinese può continuare a incolpare me di questi fatti, ma questo non risolverà il problema». Nonostante le auto-immolazioni dei tibetani non accennino a fermarsi, il Dalai Lama vede «segnali molto, molto incoraggianti tra figure di spicco del Partito comunista. Quando la Cina avrà cambiato il suo atteggiamento, il governo tibetano in esilio è pronto a riprendere il dialogo». Quando avverrà? «Dopo sei o dodici mesi dall’insediamento del nuovo presidente le cose potrebbero cambiare».
Leone Grotti
Fonte: Tempi.it, 30 agosto 2012
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