La polizia cinese strappa i vestiti a un avvocato durante l’udienza
Tre agenti lo hanno immobilizzato e spogliato per sequestrargli il telefonino. Le scuse del governo: «Ma non c’è stata aggressione al legale».
L’avvocato Wu Liangshu è uscito da un tribunale di Nanning, nella provincia di Guangxi, con i vestiti strappati e qualche graffio sul corpo. Il legale stava discutendo una causa civile quando i poliziotti di servizio gli hanno intimato di consegnare il suo smartphone. Pensavano che stesse filmando il dibattimento. L’avvocato ha negato il fatto e rifiutato. Gli agenti allora gli hanno messo le mani addosso e lo hanno praticamente spogliato, staccandogli i bottoni della camicia e strappandogli i pantaloni. In aula erano presenti due magistrati che non hanno battuto ciglio. Uscito dall’aula l’avvocato si è fatto fotografare e ha diffuso le immagini sul Web: ne è nato un caso (presto censurato sul Web). Un migliaio di legali cinesi ha formalmente protestato per «l’abuso di potere barbaro e violento».
“Aggressione non intenzionale”
Alla fine le autorità di Nanning hanno ordinato alla corte di scusarsi con il dottor Wu (in Cina i tribunali sono soggetti al potere politico). Ma nel comunicato, il governo di Nanning sostiene che «l’avvocato non è stato oggetto di aggressione fisica intenzionale». In questa versione governativa si legge che «i tre poliziotti di servizio hanno preso il telefonino in un minuto e nell’azione di forza i pantaloni dell’avvocato si sono strappati, perché gli agenti hanno dovuto tenerlo dalle spalle, forzarlo a terra, mettergli un piede sul petto per impedirgli di muoversi. Lo scopo dell’azione era di controllare se con il telefonino fossero state fatte riprese e registrazioni illegali del dibattito in aula. E ogni azione restrittiva è cessata appena gli agenti hanno avuto il controllo dello smartphone. Non c’è stata aggressione intenzionale».
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