La mafia cinese a crescita record

Flessibile, diversificata, camaleontica. Sempre più infiltrata nell’economia e nel tessuto sociale di almeno cinque province: Roma, Milano, Napoli, Firenze e Prato. È la criminalità organizzata cinese, declinazione illegale di una comunità in continua espansione in Italia. In queste città i cinesi sono una presenza ormai consolidata, ma l’incremento dei reati commessi è costante. Sono tremila, su un totale di 27mila, le segnalazioni della Banca d’Italia. Non sarà un caso, insomma, se oggi la presentazione a Roma di una ricerca ad hoc di 150 pagine del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) vede la presenza del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Basta guardare gli ultimi e poco rassicuranti dati: dal 2009 al 2010 aumentano del doppio o anche di più le denunce per estorsione (da 74 a 140), i sequestri di persona (da 20 a 59), le associazioni per delinquere (da 111 a 269), i reati per traffico di stupefacenti (da 78 a 141). Le truffe e frodi informatiche segnalate crescono da 81 a 127; le denunce per riciclaggio si sono decuplicate: da 10 a 102. Cifre impressionanti anche sulle segnalazioni sospette comunicate all’Uif (l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia), che le raccoglie e poi trasmette al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza. Nel 2005 il totale è stato di 7.743 segnalazioni, l’anno scorso era più che triplicato (26.963), ma anche cresciuto di oltre il 40% rispetto al 2009 (18.827). Le Fiamme gialle, ricorda la ricerca del Cnel, hanno sequestrato nel 2010 circa 110 milioni di prodotti di provenienza cinese. Oggi la contraffazione è il principale business delle organizzazioni criminali cinesi «a cui prendono parte esponenti delle organizzazioni mafiose italiane». Il costo dell’affitto a metro quadro di un capannone sulla Prenestina o la Casilina – lì vengono spesso smistate le merci provenienti dai porti di Napoli o Civitavecchia – dà la misura della redditività degli affari illeciti. A Roma la locazione mensile di un capannone di circa mille metri quadri va da 10mila a 20mila euro, a Milano attorno ai 6mila, a Prato tra i 2.500 e i 3mila euro. Un container di tredici metri che contiene capi d’abbigliamento – dice la ricerca – ha un valore commerciale nominale di 60-70mila euro e nel magazzino staziona pochi giorni. Il margine netto di guadagno è di circa il 10 per cento. Anche gli arrivi dalla Cina, peraltro, sono più facili. Il costo del trasporto illegale è passato da 15mila euro a 8-9mila. Molti cinesi arrivano con visto turistico e poi rimangono oltre il periodo consentito. Si sono ampliate anche le aree di origine dei migranti cinesi: in passato circoscritte alle province del Zhejiang e Fujian, oggi interessano in particolar modo il Nord Est della Cina. Le cinque province più interessate al fenomeno hanno statistiche criminali differenti. Quelle di Prato e Milano presentano i valori più alti per i reati violenti, come gli omicidi (consumati e tentati) e le lesioni dolose; i reati di tipo predatorio, come furti, rapine, estorsioni e sequestri di persona; i reati di associazione mafiosa; il gioco d’azzardo e i reati legati agli stupefacenti. La provincia di Roma, invece, denota i valori più alti per il reato di contraffazione mentre Firenze e Prato si collocano al primo posto per organizzazione e favoreggiamento dell’immigrazione illegale. La pressione del sistema sicurezza, va detto, è elevata: Dia, Sco (Polizia), Ros (Carabinieri); Scico (Guardia di Finanza), ma anche i servizi segreti, Aise ed Aise. Solo un dato rimane, per ora, meno inquietante, secondo il Cnel: i delinquenti cinesi in Italia non risultano avere legami – i riferimenti sono scarsi – con le Triadi, le temibili associazioni criminali organizzate con base a Hong Kong e presenze in tutto il mondo.

Marco Ludovico

Fonte: Il sole 24 Ore, 25 maggio 2011

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