La Cina sta imprigionando quasi 1 milione di persone, per ‘rieducarle’. Perché hanno la barba o parlano coi parenti all’estero

Potenzialmente più di un milione sono state rinchiuse nei “campi di rieducazione” della Cina nell’ultimo anno.
I campi, che operano al di fuori della giurisdizione dei tribunali, sono progettati per indottrinare gli Uiguri, una minoranza etnica, e costringerli a rinnegare le loro credenze religiose.

Un poliziotto con scudo e bastone sorveglia una postazione di sicurezza che conduce in un centro che si ritiene venga utilizzato per la rieducazione a Korla nella regione occidentale dello Xinjiang in Cina il 2 novembre 2017. Associated Press / Ng Han Guan

Gli annunci di appalti per la costruzione o la ristrutturazione di questi centri, così come gli annunci di lavoro per reclutare il personale per la sicurezza di questi spazi, forniscono una chiara dimostrazione dello scopo e della portata di questi “programmi di rieducazione”.

Gli Uiguri sono costantemente sorvegliati nello Xinjiang, un territorio autonomo nel Nord-ovest della Cina, che gli esperti considerano un terreno di prova per una “sorveglianza di stato” più ampia.

Nella regione cinese nord-occidentale dello Xinjiang molte persone del luogo scrivono e leggono tutto il giorno e cantano a squarciagola. Ma non lo fanno per scelta.

Nei “campi di rieducazione” dello Xinjiang uomini e donne di etnia Uigura sono costretti a studiare la storia cinese, scrivere riflessioni personali e cantare canzoni come “Senza il Partito Comunista non ci sarebbe una Nuova Cina“. Molti vengono picchiati, torturati e non riescono a tornare a casa.

La Cina considera questo processo una “rieducazione”. Il tutto funziona al di fuori del sistema giudiziario con persone trascinate via dalle loro case per infrazioni come parlare con un parente all’estero o avere la barba e non c’è modo di ribellarsi.

Una recente stima riporta che il numero di persone che sono state internate dall’aprile del 2017 potrebbe superare il milione. E sebbene il numero esatto sia sconosciuto, Adrian Zenz, ricercatore sociale presso la Scuola europea di cultura e teologia, ha esaminato le offerte di lavoro locali e gli appalti statali per trovare nuove prove dell’esistenza e della portata del sistema.

Dal 2016 ci sono state offerte statali per costruire o ristrutturare 73 strutture nello Xinjiang che, nonostante vari nomi fittizi, risultavano essere operative, in tutto o in parte, come “centri di rieducazione”.

I centri di rieducazione, infatti, sono spesso camuffati da centri di formazione professionale, come lo erano molti in queste offerte, ma i dettagli tradiscono il loro scopo nascosto. Le strutture richiedevano guardie, video-sorveglianza, recinzioni di sicurezza, attrezzature di polizia, dispositivi di ispezione portatili, pareti di cemento armato e di acciaio e persino catene d’acciaio.

“Molte di queste strutture sono fortemente protette, in misura tale che non si assicurino solo di tenere lontani potenziali intrusi, ma di tenere le persone all’interno sotto stretta sorveglianza”, ha dichiarato Zenz a Business Insider.

Un’offerta di acquisto di gennaio richiedeva 122 telecamere per coprire l’intera struttura senza lasciare alcun “angolo morto”.

Un centro aveva bisogno di reti di sicurezza, la ristrutturazione di una sala di controllo e “quattro torri di guardia“. Un’ altra offerta, pubblicata il 25 aprile, ha richiesto un “impianto sotterraneo” di quasi 8mila metri quadrati.

Queste precauzioni per la sicurezza, secondo Zenz, confermano i rapporti secondo cui i centri di formazione funzionano spesso come campi di internamento e molte strutture lo fanno con continuità.

“Tutto quello che sappiamo è che un numero considerevole di strutture, in grado di contenere centinaia di migliaia di persone, è orientato alla rieducazione. Alcune sono esplicitamente e direttamente contrassegnate come strutture di rieducazione.”, ha detto Zenz.

“Alcuni affermano anche specificamente che sono progettati per svolgere programmi di ‘rieducazione’. Un avviso ufficiale del governo di aprile 2017 relativo a queste strutture in una particolare prefettura ha imposto che le materie di formazione includano esercitazione militare, lingua cinese, conoscenza della legge, conoscenza religiosa ed educazione patriottica“.

Gli annunci di lavoro sono un indizio enorme

Per quanto possa essere facile far arrivare silenziosamente alcune persone in nuovi centri di rieducazione, se i prigionieri raggiungono cifre importanti, richiedono anche il reclutamento di molte persone.

Secondo Zenz, a partire dal maggio del 2017, le regioni con grandi concentrazioni di minoranze etniche “hanno avviato un’ondata di assunzioni” nei cosiddetti centri di istruzione e formazione. Ma gli annunci per questo tipo di personale venivano spesso inseriti negli stessi annunci di posizioni di polizia aperte e alcuni annunci preferivano persino reclute con un background militare o di polizia.

Altri annunci di lavoro confondevano i due ruoli, assumendo “assistenti di polizia di addestramento per centro di formazione”. Se il personale venisse assunto per lavorare in un normale centro di formazione, l’elevato numero di addetti alla sicurezza sarebbe “difficile da spiegare”, ha affermato Zenz.

Spesso gli annunci non indicavano le competenze richieste che sarebbero cruciali per fornire una formazione professionale. Molti richiedevano solo un livello d’istruzione da scuola media, mentre in altre province, dove vivevano pochi Uiguri, di solito richiedono almeno un diploma di laurea.

In un paese dello Xinjiang, dove gli Uiguri costituiscono il 95% della popolazione, 320 posti di lavoro disponibili in un “centro di addestramento” hanno tre criteri: avere un’istruzione da scuola media, essere fedeli al Partito comunista cinese e far parte della maggioranza etnica Han.

La rieducazione non è l’unico problema che affligge gli Uiguri

Nel tentativo di reprimere l’estremismo religioso, le autorità dello Xinjiang hanno preso di mira quasi ogni forma di espressione religiosa da parte dei musulmani Uiguri.

Alle donne è stato vietato di indossare burqa e veli. Ai residenti è stato vietato il digiuno durante il Ramadancon obbligo per i ristoranti di rimanere aperti. Nel 2016 a milioni di residenti nello Xinjiang è stato ordinato di consegnare i loro passaporti in modo tale che dovessero chiedere il permesso per viaggiare all’estero.

Le autorità hanno installato app di sorveglianza sui telefoni dei residenti e hanno iniziato a raccogliere campioni di Dna, impronte digitali, scansioni dell’iride e gruppi sanguigni da tutti gli abitanti dello Xinjiang di età compresa tra 12 e 65 anni. Hanno anche raccolto campioni vocali che possono essere utilizzati per identificare chi sta parlando nelle chiamate intercettate.

Ci sono anche 40mila telecamere per il riconoscimento facciale che vengono utilizzate per tracciare e bloccare il movimento degli Uiguri nella regione.

Lo Xinjiang è considerato dagli esperti un ottimo terreno di prova per ciò che il Dipartimento di Stato americano ha descritto come un “livello di sorveglianza senza precedenti”.

La preoccupazione è che lo Xinjiang possa diventare anche un bamco di prova per un vero e proprio sistema di rieducazione nazionale.

Business Insider Italia,17/06/2018

English article,Business Insider:

China is secretly imprisoning close to 1 million people — but they’ve left 2 big pieces of evidence behind

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