L’impennata della moneta nazionale penalizza l’industria brasiliana su quella cinese. Uno studio della Cni (Confederaçao Nacional da Industria) rivela che il 67 per cento delle imprese brasiliane che esportano prodotti in concorrenza con aziende cinesi ha perso spazi di mercato nel mondo: sorte analoga toccata al 45 per cento delle aziende che vendono nel mercato interno prodotti concorrenziali a quelli cinesi. Il 4 per cento degli esportatori, inoltre, ha smesso di vendere il proprio prodotto all’estero per l’incapacità di sfidare i costi dell’offerta cinese. E sono sempre di più (il 32 per cento) gli imprenditori brasiliani pronti a rifornirsi al mercato cinese per sviluppare i prodotti da rivendere all’interno. Tra i compiti fissati a inizio mandato dalla nuova presidente brasiliana Dilma Rousseff c’è proprio quello di contenere l’apprezzamento della divisa locale, principalmente sul dollaro, per recuperare spazi utili all’export nazionale. Una battaglia ereditata dall’ex capo di Stato Inacio Luis Lula da Silva, a suo tempo allertato - come altri leader mondiali - sulla continua svalutazione dello yuan.
Dei 1.529 industriali intervistati nel rapporto della Cni, il 28 per cento dice di essere in diretta concorrenza con produzioni cinesi in Brasile, mentre il 52 per cento contende all’industria asiatica nel mercato mondiale. La strategia immaginata in maggior misura degli intervistati (il 48 per cento) è quella di migliorare la qualità del design e dei prodotti, seguita dalla riduzione dei costi (45,4 per cento). Ma il fenomeno coglie di sorpresa l’imprenditoria tutta: il 50 per cento del campione non ha ancora pensato a come rispondere alla sfida cinese.
Fonte: Il Velino.it, 5 febbraio 2011