Un ex detenuto, dopo la fuga in esilio in India, ha raccontato delle condizioni dei prigionieri politici tibetani nel famigerato carcere della provincia cinese del Sichuan, costretti a lavorare per lunghe ore, isolati gli uni dagli altri e assaliti dalle guardie cinesi Han.
“Il tempo che ho trascorso in quel carcere è stata la parte peggiore della mia vita, prego e spero di non dover mai sperimentare nuovamente qualcosa di simile” ha detto Gonpo Trinley, un monaco buddista rilasciato dal carcere di Deyang nel 2010.
“I prigionieri tibetani sono costretti a lavorare tutto il tempo” e discriminati venendogli assegnati il doppio dei compiti dei detenuti cinesi Han.
“Il cibo era cattivo, ci mancava la biancheria adeguata, spesso siamo stati picchiati, e la maggior parte di noi si ammalò in carcere”. Il lavoro principale dei prigionieri a Deyang, situati circa due ore di auto dalla capitale provinciale di Chengdu “è quello di fare le scarpe”, ha detto Trinley, aggiungendo: “i prigionieri tibetani devono fare il doppio del numero di scarpe prodotte dai prigionieri cinesi”.
“Ognuno di noi è controllato da quattro detenuti cinesi e non ci era permesso di parlare tra di noi”, ha detto Trinley.
“A noi tibetani è stato dato l’ordine di “cambiare il nostro modo di pensare,” ha detto Trinley, che è stato preso in custodia insieme al fratello nel Sichuan Kardze, (in cinese, Ganzi) [Prefettura Autonoma Tibetana] per aver partecipato alle proteste anti-cinesi nel mese di giugno 2008.
“Il 21 giugno del 2008, io e mio fratello Nyida Sangpo siamo andati al centro della città Kardze e dato inizio ad una protesta, chiedendo la libertà per il Tibet e chiedendo il ritorno del [leader spirituale in esilio] il Dalai Lama”.
Traduzione: Flavio Brilli per la Laogai Research Foundation
Fonte: Radio Free Asia [1]
English version: Tibetan Ex-Prisoner Describes Harsh Conditions Behind Bars [2]
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