Etichette sui prodotti, qualcuna ci salva la vita. Diffidare dei prodotti provenienti dalla Cina

Le biologhe Baviera e Rubini ci insegnano come leggere le indicazioni sui beni di consumo.

L’importanza dell’etichetta su un prodotto di consumo è fondamentale se ad essa si pensa come a un “ponte” che collega l’azienda produttrice al cliente o se la si immagina come una sorta di “carta d’identità” di un determinato genere destinato alla vendita.

Per offrire una guida pratica al consumatore ancora incerto su cosa è indispensabile trovare scritto sull’adesivo che accompagna il prodotto che ha scelto, abbiamo interpellato le dottoresse Elga Baviera e Sabina Rubini, biologhe, esperte in Sicurezza degli Alimenti e associate alla Commissione Permanente di Studio “Igiene Sicurezza e Qualità” dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

Ecco le loro risposte :

1) Dobbiamo leggere le etichette di tutti i prodotti?

«Leggere, ma soprattutto “saper leggere” le etichette dei prodotti alimentari significa poter scegliere in maniera consapevole e responsabile, secondo le proprie esigenze. Si tratta di uno strumento di comunicazione visiva immediata che, se ben strutturata, elimina le ambiguità orientando le scelte».

2) Quali sono gli alimenti per i quali invece è assolutamente indispensabile?

«Ovviamente va posta maggiore attenzione a tutti quegli alimenti e quindi a tutte le etichette rivolte ad un’utenza suscettibile come ad esempio i bambini, gli anziani e soprattutto i soggetti intolleranti e/o allergici. E’ fondamentale conoscere le informazioni relative al contenuto del prodotto (ad esempio nel caso di alimenti per bambini la presenza degli additivi, che in alcuni casi possono provocare ipereccitabilità e difficoltà nell’attenzione) tenendo conto di alcuni importanti aspetti che devono contraddistinguere un’etichetta, ossia facile lettura, chiarezza, leggibilità e indelebilità».

3)Quali sono gli ingredienti che devono subito attirare la nostra attenzione?

«Tra le informazioni obbligatorie da inserire in etichetta vi è l’elenco degli ingredienti da riportare in ordine decrescente (che identifica la loro percentuale di utilizzo nel prodotto), preceduti dalla parola “ingredienti”.

Tra questi gli ingredienti un ruolo di spicco spetta agli allergeni che le aziende, rispetto agli altri ingredienti riportati, sono obbligate ad evidenziare in grassetto o con un colore differente, a causa della loro pericolosità in caso di entrata in contatto con soggetti allergici o intolleranti».

4)Sulle etichette i produttori possono mentire?

«Partendo dal presupposto che la normativa Comunitaria vigente è molto chiara in merito a ciò che va indicato in etichetta, il mentire equivarrebbe ad una frode ai danni del consumatore e pertanto il produttore se ne assumerebbe totalmente la responsabilità. Ciò non toglie che nell’anno 2014 la relazione del Sistema di Allerta Rapido (RASFF) che vigila a livello Comunitario, ha riscontrato n.3 irregolarità di allergeni non dichiarati in etichetta e n.89 irregolarità sull’origine dei prodotti (dati in diminuzione rispetto al 2013)».

5)I paesi di provenienza dei quali è bene diffidare e quelli sui quali nutriamo solo pregiudizi?

«Si può fare un parallelismo tra notifiche di allerta e Paesi da cui diffidare nel senso che, Paesi che importano “alimenti a rischio” presentano come si può ben comprendere un numero maggiore di allerte notificate nell’ambito Comunitario. Prendiamo un caso l’ “origine dei prodotti”: secondo i dati ufficiali se parliamo di Paesi terzi dovremmo sicuramente diffidare della Cina, seguita dalla Turchia e dall’India (dati anno 2013 e 2014), ma qualche attenzione va posta, anche su alcuni alimenti provenienti dagli USA, dal Brasile e dalla Tailandia. In ambito europeo, invece, poniamo attenzione ad importazioni provenienti da Paesi quali: Spagna, Polonia, Germania e Francia».

6)E’ vero che la scadenza del latte non è così ferrea (poi diventa yogurt per male cha vada dicono le massaie, e comunque dopo due giorni dalla scadenza è ancora buono)

«Il latte è di per sè un alimento molto complesso in quanto esposto, per sua natura, a molteplici contaminazioni durante la fase di produzione e come tale sottoposto a tutta una serie di rigorosi controlli. I metodi di trattamento sono diversi: con la pastorizzazione ad esempio la legge impone una scadenza di 6 giorni dalla data di confezionamento. Diverso è il caso del latte a lunga conservazione (UHT) che come tale è acquistato nel reparto non refrigerato del supermercato ed una volta aperto va conservato in frigorifero e consumato entro pochi giorni. E’ vero anche che autorità scientifiche nazionali e comunitarie sostengono che molte infezioni alimentari avvengono all’interno delle mura domestiche: sarà per i tanti luoghi comuni delle massaie»?

7) Quali sono gli ingredienti segnati sulle etichette che danno rischi di allergie più alti e che possono causare anche morte?

«Le reazioni allergiche possono distinguersi in Immediate (orticaria, asma, rinite, dolori addominali, etc.) e ritardate (astenia, ansia, dolori articolari e muscolari, otite), in cui è molto difficoltoso identificare gli alimenti responsabili, che rimangono il più delle volte sconosciuti.

L’entità di una reazione allergica dipende quindi in buona sostanza dalle condizioni individuali del soggetto, ma è la reazione più grave ossia lo shock anafilattico che può mettere in serio pericolo la vita degli individui, portando perfino alla morte. Ecco perché sulle etichette vanno indicati soprattutto gli alimenti oramai considerati allergeni ossia latte, uova, soia, frutta a guscio (mandorle, nocciole, noci, etc.), pesce, molluschi, crostacei, cereali contenenti glutine (orzo, farro, grano, segale)».

8) Sono più sicure le etichette dei supermercati o dei negozi al dettaglio?

I requisiti che disciplinano le informazioni sugli alimenti attraverso l’etichettatura si applicano a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, compresi quelli forniti alle collettività, e a quelli destinati alla fornitura delle collettività. E’ previsto, per esempio, l’obbligo di indicare, relativamente alle preparazioni a base di carne, alla carne stessa e ai prodotti non trasformati a base di pesce congelati, la data del congelamento o di primo congelamento. Le regole devono essere applicate sia che si tratti di una Grande Distribuzione Organizzata (GDO), sia che si tratti del piccolo negozio che venda prodotti al dettaglio preconfezionati, confezionati o sfusi.

9) Per le bibite che cosa dobbiamo guardare?

«Per le bibite contenute in bottiglie di vetro destinate a essere riutilizzate, marcate in modo indelebile e che non hanno etichetta, anello o fascetta (si pensi a bibite gasate di famose marche internazionali), sono obbligatorie le seguenti indicazioni: la denominazione dell’alimento, gli ingredienti o i coadiuvanti tecnologici, la quantità netta, la data di scadenza o il TMC (termine minimo di conservazione) ed anche la dichiarazione nutrizionale. Alle dichiarazioni nutrizionali obbligatorie, possono infine essere indicati facoltativamente e se presenti in quantità significative, anche altre sostanze quali le vitamine ed i sali minerali».

10) Per gli alcolici ?

«Per le bevande alcoliche invece la dichiarazione nutrizionale non è obbligatoria e può essere indicato il solo valore energetico. Il titolo alcolometrico volumico effettivo, invece, va indicato per le sole bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume».

11) I prodotti freschi non hanno etichetta: perché dovremmo fidarci a occhi chiusi?

«Ci sono alcuni prodotti quali gli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, per i quali la normativa non prevede l’obbligo degli ingredienti. Oltre a questi troviamo le acque gassificate, gli aceti di fermentazione, i formaggi, il burro, il latte, le creme di latte fermenati purchè non vi siano stati aggiunti altri ingredienti e gli alimenti che contengono un solo ingrediente.

Anche per i prodotti preincartati (esempio quelli che ci danno al supermercato, al bancone dei salumi) e quelli contenuti in confezioni molto piccole, con superficie inferiore ai 25 cm2, vige la stessa tolleranza».

12) Che regole ci sono negli altri paesi europei (qualcuno).

«Il tipo di normativa che “guida” il settore dell’etichettatura è indicato dal Regolamento 1169/2011. Un Regolamento per definizione è un atto legislativo vincolante che deve essere applicato in tutti i suoi elementi, nell’intera Unione europea, pertanto le indicazioni basilari sono uguali in tutti i Paesi della Comunità. Si ricorda che l’etichetta deve essere resa funzionale al Paese in cui il prodotto viene commercializzato, di conseguenza in quei prodotti dove troviamo diverse traduzioni dovremmo accertarci che ci sia anche la lingua ufficiale del Paese in cui viviamo, nel rispetto del concetto di trasparenza nei confronti del consumatore, tanto caro alla Unione Europea».

13) Prodotti per neonati, latte in polvere: è sicuro?

«Secondo gli esperti del gruppo scientifico Comunitario, i vari tipi di Latte artificiale destinati all’infanzia devono essere non solo sicuri, ma anche adatti a soddisfare i fabbisogni nutrizionali e a promuovere la crescita e lo sviluppo dei bambini. Il latte in polvere si ottiene con un processo, detto sublimazione, ossia la disidratazione del prodotto. Quando un alimento è disidratato, essendo privo di acqua risulta difficilmente attaccabile dai microrganismi e pertanto risulta sicuro sotto l’aspetto igienico-sanitario».

14) Quando il supermercato fa promozioni con prodotti in scadenza di lì a due giorni, possiamo andare tranquilli e consumarli?

«Dipende dal tipo di prodotto di cui parliamo. I prodotti confezionati non presentano problemi in quanto il termine di scadenza o il TMC sono ben identificate dall’azienda produttrice, sta a noi decidere di scegliere e acquistare un prodotto consci di doverlo consumare da lì a qualche giorno.

Nel caso di prodotti che vengono porzionati in loco, all’interno dei supermercati o degli ipermercati, al contrario, dobbiamo porre un po’ più di attenzione cercando di effettuare i nostri acquisti in strutture che reputiamo serie, come si addice ad un attento consumatore quale ognuno di noi deve imparare a diventare, se già non dovesse esserlo».

La Stampa,07/05/2015

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