Dietro le mura segrete di un campo di rieducazione in Cina. Straziante e dettagliata intervista di un ex prigioniero [Video]

Abdusalam Muhemet, un ex imprenditore della città di Hotan della Prefettura del XUAR, è stato incarcerato nel 2016 per sei mesi perché i suoi familiari erano noti per essere dei praticanti religiosi. Dopo essere stato liberato dalla prigione, venne mandato in un “campo di rieducazione” per 70 giorni, dove è stato sottoposto a sessioni di propaganda quotidiana e costretto a cantare canzoni a favore del partito comunista cinese. Muhemet ha recentemente rilasciato una intervista a RFA su ciò che ha subito durante la sua detenzione.
RFA: Parlaci dei giorni precedenti prima di essere stato incarcerato.
Abdusalam Muhemet: Quando il governo cinese ha iniziato a “colpire duro”, sono diventato un bersaglio della loro repressione perchè sono uiguro, amo la mia fede, il mio popolo e il mio paese. Sono una persona che ha rifiutato di accettare l’autorità cinese. Anche se non ho partecipato ad alcuna manifestazione contro la politica repressiva del governo, le autorità cinesi erano al corrente sui miei pensieri, informati da persone che lavorano per loro, e a causa di ciò sono stato arrestato nel 2016.
Dato che mi sono sempre comportato in maniera corretta e non avevo nulla da nascondere, tutti i miei documenti erano in regola e mi ero trasferito nella capitale del XUAR, Urumqi, per studiare, imparare l’inglese e tentare di aprire un ristorante. Un giorno nell’abitazione dove abito si sono presentati due funzionari del governo, mi hanno chiesto di andare ad un indirizzo specifico e mi sono presentato senza preoccupazioni. Mi hanno poi trasferito presso l’Ufficio di Sicurezza Nazionale per l’interrogatorio.
Appena siamo arrivati mi hanno portato in una stanza per prelevare il sangue. In seguito, mi hanno rasato i capelli e strappato i vestiti di dosso, perché non potevo indossare abiti con bottoni e sono rimasto con solo la biancheria. Sono stato trasferito nel centro di detenzione, controllato da telecamere. Le guardie erano tutte armate. In un locale alcuni membri del personale dell’ufficio di sicurezza nazionale interrogavano le persone e li picchiavano. Terminato l’interrogatorio i detenuti venivano inviati nel carcere vero e proprio. Molte persone potevano rimanere lì per quattro o cinque giorni, mentre altri potevano essere trattenuti per 10 o 15 giorni, fino a quando non venivano accusati di “calunnia”.
Eravamo in 15 con le manette ai piedi. Gli uni incatenati agli altri, in una piccola stanza, con un tappeto sottile sul pavimento. Praticamente dormivamo uno sopra l’altro e avevamo una sola coperta che doveva coprire tutti.
Non c’era toilette, solo un secchio di plastica per tutti. Due persone utilizzavano la coperta per coprire quando si utilizzava e sempre con le manette ai piedi. L’odore delle feci e delle urine impregnava l’intera stanza.
Una volta ci hanno obbligati a stare seduti su un seggiola dura tutto il giorno, mentre una telecamera ci monitorava. I nostri glutei ci facevano male e se ci spostavano leggermente per tentare di alleviare il dolore venivamo maltratti. E tutto questo accadeva prima di essere accusati formalmente.
Al mattino, ci davano da mangiare un piccolo pezzo di pane con quella che sembrava una zuppa di verdure. Credo che il cuoco scelto era la persona peggiore perché il cibo era terribile. Si poteva vedere i vermi che galleggiavano nella minestra e con un sapore che provocava nausea. A volte per il pranzo ci davano un fac-simile ad una zuppa di riso. A volte il riso era crudo, a volte bruciato. Nessuno si è mai preoccupato sulla qualità del nostro cibo. Il loro intento era quello di farci morire. La cena consisteva in due panini cotti al vapore con un poco di tè.
RFA: Mentre eri in carcere qualcuno che si è ammalato?
Muhemet: Sì, molte persone si sono ammalate ma non gli venivano somministrati nessun tipo di medicinale e venivano portate in ospedale solo quando erano in pericolo di vita. Ho l’ipertensione e la mia situazione è peggiorata dopo essere stato incarcerato. Sono rimasto privo di coscienza per 5 o 6 giorni e anche se fossi morto a chi sarebbe importato. Le mie condizioni di salute erano cosi disperate che alcuni miei connazionali uiguri compagni di prigionia vedendomi in quello stato speravano di non trovarsi in uno stato simile al mio. Dopo più di una dozzina di giorni, miracolosamente, mi sono ripreso senza prendere nessun medicinale. Anche se le guardie erano uiguri i loro cuori erano chiusi come quelli dei cinesi, non avevano nessun tipo di considerazione verso i membri della loro etnia. Le autorità sembrano aver specificamente selezionato delle guardie uiguri che non nutrivano alcuna simpatia nei confronti dei loro connazionali.
RFA: Hanno mai abusato fisicamente durante l’interrogatorio o mentre eri malato?
Muhemet: A volte dei detenuti coprivano le fotocamere di sorveglianza per poter utilizzare i bagni. Un detenuto è stato bastonato 80 volte con una mazza di legno… lo accusarono di aver recitato il Corano. La guardia cinese ha detto ad un custode uiguro di colpirlo altre 30 volte in una zona cieca dal sistema di videosorveglianza. Il detenuto lo avevano fatto sdraiare sullo stomaco ed è stato picchiato con tale violenza che finito il pestaggio non era più in grado di alzarsi. Per sette o otto giorni, continuava a lamentarsi per il dolore, la sua schiena era coperta di lividi neri.
Le percosse all’interno di questi “campi di rieducazione” sono una prassi quotidiana. Un giorno dei funzionari cinesi in servizio si erano ubriacati, avevano prelevato alcuni detenuti dalle loro celle e li avevano picchiati a sangue, solo per il gusto di farlo. Le loro urla di dolore si diffondevano nei corridoi ed erano strazianti e insopportabili.
RFA: Descrivi come era la vostra quotidianità.
Muhemet: Tutti i giorni ci disponevano in formazione e dovevamo lodare il PCC e cantare canzoni cinesi: “Se non c’è il partito comunista, non c’è appagamento per noi”. Durante queste sessioni veniva ordinato di sederci per poi rialzarci. Se non seguivamo le istruzioni ci pestavano. Durante i pasti, era permesso di stare seduti per circa 15 minuti. Tutto questo si verificava all’interno delle celle.
Dalla mattina presto fino a tarda notte, per 15-20 minuti ogni ora, la cosa veniva ripetuta. Ci facevano sedere in tre file e bisognava guardare la parte posteriore del collo della persona seduta davanti a noi… le nostre caviglie erano sempre serrate con delle manette e mai abbiamo goduto di un sufficiente riposo, nemmeno durante le poche ore di sonno disturbate anche dal fatto che eravamo ammassati in pochissimi metri quadrati.
RFA : Durate il periodo che sei stato imprigionato da novembre 2016 a maggio 2017, la tua famiglia ha avuto modo di farti visita, portare del denaro o altri generi di conforto?
Muhemet: No, era impossibile. La cosa più spaventosa era che nessuna delle nostre famiglie era in grado di sapere se i loro cari erano ancora in vita o meno, se eventualmente venivano rilasciati e quando. Molte persone si sono ammalate a causa di questa insopportabile angoscia causata dalla brutalità del governo cinese. Le persone vivono nella paura.
RFA: Tu hai detto che cantavate delle canzoni cinesi. Che tipo di canzoni? Ti dicevano che imparare la lingua cinese è bene?
Muhemet: Sì, insegnavano il cinese, ci fornivano di una trascrizione fonetica della pronuncia da uiguro a cinese e se qualcuno non riusciva a imparare veniva pestato e se in seguito non imparava tutti i detenuti della cella in cui era rinchiuso venivano puniti. Le guardie in servizio non venivano mai da sole, in genere erano cinque o sei. Erano concessi al massimo due giorni per poterle apprendere.
Il loro scopo era quello di umiliarci e torturarci. Ci facevano cantare prima di ogni pasto e occorreva imparare due canzoni in cinese. Se non cantavamo bene, dovevamo ripetere fino a quando non erano stati soddisfatti e non potevamo mangiare fino a quando non esaudivamo i loro desideri.
RFA: Ci puoi fornire una tua definizione del campo di rieducazione?
Muhemet: Un campo di rieducazione è un luogo dove viene umiliata la fede, l’identità e la dignità umana attraverso la persecuzione. Gli educatori provenienti da diverse agenzie ci hanno insegnato a denunciare la nostra religione e dire che essa non è quello che abbiamo pensato che fosse. Il loro scopo è stato quello di farci rinnegare la nostra fede, la nostra cultura, la nostra lingua.
Ci hanno fatto pagare tutto il necessario per la nostra sopravvivenza i prodotti che ci servivano e persino per il pane che abbiamo mangiato. Siamo stati costretti a sedersi e a leggere. Se non avessimo letto correttamente, il tempo per la lettura veniva prolungato e ci percuotevano per nessun motivo. Se qualcuno pregava o si lavava veniva malmenato.
Ci alzavamo presto ogni mattina per pulire. Dopo aver pulito l’intera piazza eravamo obbligati a correre come esercizio. Anche le donne anziane e le giovani ragazze erano obbligate ad attenersi a queste direttive. Le persone che non erano in grado di correre erano vittime di angherie. Obbligavano tutti a correre, per alcune persone era un vero problema e se si cadeva venivamo pestati.
Terminato lo svolgimento del lavoro assegnato era la volta della colazione seguita da sessioni di “studio” fino a mezzogiorno e poi il pranzo. La rieducazione iniziava dopo il pranzo e durava fino alle 17:00 o alle 18:00. Ci era concesso due ore di riposo dove potevano parlare tra di noi, dopodiché ci costringevano a discutere sulle nostre “lezioni” ricevute.
RFA: Pensi che sia giusto chiamarle “scuole” dei campi di rieducazione?
Muhemet: No, per niente. Le autorità cinesi stanno cercando di giustificare le loro politiche di repressione. Stanno cercando di coprire la loro brutalità. Secondo il governo cinese con questi mezzi si contribuisce a riportare l’uso della ragione nella nostra mente.
Sono luoghi che il governo cinese usa per opprimere. Sono centri di indottrinamento ideologico. Sono luoghi in cui si viene torturati psicologicamente e fisicamente. “Istruzione” in pratica significa trasformazione. Stanno cercando di farci accettare il fatto che siamo tutti cinesi. Non c’è nulla in questi luoghi che siano in qualche modo legati all’istruzione.
Traduzione a cura della Laogai Research Foundation Italia Onlus
Fonte: RFA, Settembre 2018
Versione inglese: HESE ARE PLACES THAT THE CHINESE GOVERNMENT USES TO OPPRESS US’
Video dell’intervista:
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