Dalai Lama a Messina: la lettera di protesta dell’ambasciata cinese al Consiglio Comunale
“Speriamo - si legge - che il Consiglio Comunale, prendendo in considerazione delle tradizionali relazioni amichevoli fra i nostri due paesi e delle cooperazioni interregionali, possa suggerire al sindaco di annullare l’invito di visita al Dalai Lama”.
Una lunga lettera per manifestare il proprio dissenso alla visita del Dalai Lama a Messina e al conferimento di qualsiasi onorificenza. L’ambasciata cinese critica duramente l’iniziativa del sindaco Renato Accorinti di ricevere in riva allo Stretto Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, e scrive una lettera al Consiglio comunale per esprimere «ferma opposizione».
Di seguito la missiva indirizzata alla presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile, già inoltrata a tutti i consiglieri:
Gentile Signora Presidente Emilia Barrile,
secondo quanto si è appreso, il sindaco di Messina, Sig. Renato Accorinti ha invitato il Dalai Lama a visitare Messina e questa ambasciata desidera esprimere la ferma opposizione. Il Dalai Lama non è affatto un semplice personaggio religioso, ma un politico in esilio che svolge da lungo tempo le attività separatiste contro la sua Patria. Da tanti anni, sotto la maschera di “Religione e Pace”, il gruppo di Dalai Lama si presenta nello svolgimento delle attività separatiste contro la Cina, e si impegna nel sabotare l’unità fra i diversi gruppi etnici, suscitando indignazione del popolo cinese. Prima delle riforme democratiche svoltesi dal 1959 al 1965, il Tibet era una società teocratica ancora più buia del medioevo europeo, la quale si reggeva sul sistema feudale e di servitù della gleba. Il 95% della popolazione tibetana era servi della gleba e schiavi, privi della libertà e dei diritti politici, e i monaci e aristocratici li prendevano come proprietà privata che poteva essere comprata, regalata, scambiata o valutata per pagare il debito.
Il Dalai Lama era il sommo dei padroni di servi e della teocrazia del vecchio Tibet. Prima dell’esilio, la sua famiglia possedeva 27 fattorie, 30 ranch, e più di 6000 servi della gleba. Nell’epoca della sua dominazione in Tibet assistita dal governo Kashag, il popolo tibetano non avevano un minimo di diritti umani.
Gli affari sul Tibet riguardano la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, si tratta degli interessi fondamentali della Cina. Il Tibet fa parte inseparabile della Cina e questo è un consenso raggiunto ll’interno della comunità internazionale.
Sin dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche sino-italiane, il Governo Italiano riconosce chiaramente il fatto che il Tibet fa parte della Cina e rispetta fermamente la “One China Policy”.
Invitare il Dalai Lama a visitare Messina, non solo danneggerà la sovranità e interessi della Cina e il sentimento del popolo cinese, ma anche darà al mondo un segnale sbagliato che verrà usato dal gruppo di Dalai Lama come mezzi di propaganda per promuovere l’internazionalizzazione della “questione tibetana”.
Attualmente, i rapporti fra la Cina e l’Italia mantengono un buon andamento di sviluppo, caratterizzati dagli intensi scambi di alto livello istituzionale e dalle fruttuose collaborazioni concrete in vari settori.
Speriamo che il Consiglio Comunale, prendendo in considerazione delle tradizionali relazioni amichevoli fra i nostri due paesi e delle cooperazioni interregionali, possa suggerire al sindaco di annullare l’invito di visita al Dalai Lama e respingere le eventuali mozioni di insignire al Dalai Lama qualsiasi tipo di onorificenza al fine di dare i contributi utili per promuovere le collaborazioni concrete sino-italiane e l’amicizia fra i due popoli.
Tempo Stretto, quotidiano di Messina, 13 marzo 2017
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