Le battaglie sui diritti umani. L’arresto. La fuga negli Stati Uniti. Da dove continua a portare avanti la sua lotta. Il nemico di Xi Jinping a L43, tra previsioni sulla crisi nordcoreana e critiche a Washington.
Nel suo recente tour asiatico, il presidente americano Donald Trump si è concentrato sui rapporti con la Cina. Da mesi, le relazioni tra Washington e Pechino risultano particolarmente altalenanti, alternando momenti di tensione ad altri di distensione. Ai tempi della campagna elettorale, Trump accusava ripetutamente la Repubblica Popolare di concorrenza sleale, minacciando di avviare una guerra commerciale a suon di dazi. E il problema del surplus resta tutt’oggi un motivo di attrito tra le due potenze. L’altro grande tema sul tavolo è poi quello della Corea del Nord. Nonostante alcune condanne formali, Pechino non sembra granché intenzionata a ritirare il suo storico sostegno al regime di Pyongyang. E gli sforzi di Trump sulla questione non sembrano andati troppo a buon fine. In tutto questo, sullo sfondo si staglia l’annosa problematica dei diritti umani. Una problematica su cui l’amministrazione Trump non sembra aver trovato, almeno al momento, una posizione ben precisa, oscillando tra istanze energicamente idealistiche e approcci di natura pragmatica.
“L’AVVOCATO SCALZO”. Per cercare di far luce sulla questione, Lettera43.it ha intervistato Chen Guangcheng. Figlio di contadini residenti nella provincia dello Shandong, Chen è un attivista per i diritti umani. Lo chiamano “l’avvocato scalzo”, per il suo impegno a favore dei più deboli. Non vedente dalla tenera età, si è battuto per anni contro il governo cinese su svariate questioni: dalla polemica contro gli aborti forzati alla difesa della libertà religiosa. Nel 2005, organizzò una class action contro le autorità della città di Lyni, contestando il rafforzamento della politica del figlio unico. Per questo, fu messo agli arresti domiciliari, per essere poi incarcerato fino al 2010. Dopo essere uscito di prigione, tornò ai domiciliari sotto strettissima sorveglianza del regime. Il suo caso suscitò ben presto l’interesse internazionale. E l’amministrazione Obama iniziò a trattare con Pechino per cercare di arrivare a una soluzione. Poi, il colpo di scena. Approfittando della visita in Cina dell’allora segretario di Stato americano, Hillary Clinton, nell’aprile del 2012 Chen scappò dalla sua abitazione per rifugiarsi all’interno dell’ambasciata statunitense di Pechino. Dopo alcune settimane di negoziati, ha infine ottenuto dalla Repubblica Popolare il permesso di trasferirsi con la famiglia a New York.
LOTTA A DISTANZA. Dagli Stati Uniti, Chen continua ancora oggi a portare avanti le sue battaglie contro il governo cinese. Avvicinatosi al think tank conservatore Whiterspoon Institute, Chen è critico sull’attuale condizione dei diritti umani in Cina. Per questo, non crede troppo nel dialogo, sostenendo la necessità di un approccio energico e duro. La sua è innanzitutto una lotta serratissima contro l’ideologia comunista.
DOMANDA. Il premier cinese Xi Jinping sta consolidando sempre più il proprio potere. Qual è la situazione dei diritti umani in Cina sotto il suo governo?
RISPOSTA. È abbastanza chiaro che la situazione stia peggiorando. Finché il sistema non cambierà in Cina, non importa chi sia il leader, le cose continueranno ad andare sempre nello stesso modo.
D. Trova che Pechino abbia concretamente fatto qualche passo avanti in tema di libertà religiosa?
R. Ancora oggi, la Cina non garantisce una vera libertà di religione. Le tre chiese religiose promosse dal Partito Comunista sono controllate dal Partito stesso e sono un esempio di come il Partito controlli la libertà religiosa. Il Partito Comunista cerca insomma di tenere tutto sotto il proprio controllo, compresa la libertà religiosa.
D. Il contrasto agli aborti forzati ha sempre rappresentato uno dei principali elementi del suo impegno politico. Com’è la situazione attuale in Cina?
R. Per quanto riguarda la politica di pianificazione della popolazione, si tratta di una realtà disumana che ha portato una miriade di mali alla Cina. Questa politica assassina continua a tutt’oggi. Il sistema di politiche per la pianificazione della popolazione è ancora in vigore dal centro ai livelli locali ed è stato modificato soltanto passando dal criterio del figlio unico a quello dei due figli.
D. Come giudica gli sforzi dell’amministrazione Trump in tema di tutela dei diritti umani?
R. Penso che ci sia ancora molto che non sappiamo di Trump, ma ritengo che il presidente comprenda chiaramente il male del comunismo. Sebbene non abbia espresso pubblicamente un’opinione sui diritti umani, in termini di azioni specifiche credo che stia lavorando comunque per tutelarli.
D. Trump sta cercando di allontanare Pechino dal suo storico sostegno al regime di Pyongyang. Quali sono, a suo giudizio, le effettive responsabilità cinesi nella crisi nordcoreana? E soprattutto: vede una soluzione all’orizzonte?
R. Credo che il regime nordcoreano sia stato alimentato dal Partito Comunista Cinese. Senza il sostegno del Partito Comunista Cinese, la Corea del Nord non sarebbe così sfacciata. Per risolvere questa tipologia di problemi, credo che il presidente Ronald Reagan abbia dato una buona risposta: l’unica lingua che i dittatori capiscono è quella delle bombe. Non dovremmo nutrire speranza nel Partito Comunista Cinese. Soltanto se si fermerà, sarà effettivamente d’aiuto.
D. Che cosa dovrebbero fare concretamente gli Stati Uniti per spingere la Cina verso un maggiore rispetto dei diritti umani?
R. L’America dovrebbe sostenere pubblicamente quelle persone che in Cina stanno portando avanti una battaglia a favore dei diritti umani. L’America dovrebbe usare metodi diretti ed efficaci per punire coloro che occupano posizioni di rilievo nella Repubblica Popolare e che risultano coinvolti nella violazione dei diritti umani, come accade con il Global Magnitsky Act (una legge statunitense, approvata nel 2012, con l’obiettivo di punire i funzionari russi colpevoli della morte dell’avvocato Sergei Magnitsky).
D. Lei ha sempre combattuto per la difesa dei diritti umani. E ha pagato un prezzo particolarmente caro per questo. Quale insegnamento ritiene sia possibile trarre dalla sua storia personale?
R. Non c’è difficoltà che non possa essere superata. Abbiamo tutti un potere nascosto dentro di noi, che spesso non viene portato in superficie. Finché affronti le tue avversità e pensi a come risolverle, e non ti soffermi su quanto siano difficili le cose, troverai sicuramente un modo per risolvere i problemi che hai di fronte. Più avanti scoprirai che le tue difficoltà non erano così impossibili e ti sorprenderai di ciò che sei stato in grado di fare. Affrontare le difficoltà e i problemi con entusiasmo è ciò che rende possibili i miracoli.
Lettera 43, 3 dic.2017