Cina. Polemica con gli Usa per piazza Tienanmen
Oggi, in occasione del 23esimo anniversario della repressione di piazza Tienamnen gli Stati Uniti hanno mandato un appello a Pechino per liberare i prigionieri ancora detenuti dal 1989 e fornire una lista completa delle persone che vennero uccise. Durissima la replica del governo cinese.
Il 4 giugno 1989 il presidente cinese Deng Xiaoping scatenò una dura repressione del movimento di protesta degli studenti che venne quindi soffocato dai carri armati dell’esercito. L’emozione che quei fatti provocarono in tutto il mondo fu tanta, e a distanza di anni in molti chiedono ancora chiarezza su quei giorni in cui le autorità cinesi arrestarono centinaia di persone accusate di essere dei dissidenti. Sono stati proprio gli Stati Uniti a chiedere ufficialmente, in occasione del 23esimo anniversario del massacro,ad avanzare la richiesta a Pechino di liberare tutti i prigionieri ancora detenuti e fornire una lista completa delle persone arrestate, uccise e scomparse. Chiaramente Pechino ha reagito alle ingerenze americane in modo sdegnato,e hanno definito le accuse lanciate dagli americani come “accuse senza fondamento”. Il governo cinese ha anche denunciato le “interferenze negli affari interni” di Pechino sui fatti di Tienanmen. Pechino ha quindi risposto esprimendo una forte contrarietà alle richieste avanzate dal dipartimento di Stato americano.”Gli Stati Uniti hanno ignorato i fatti e diffuso queste dichiarazioni anno dopo anno, facendo accuse senza fondamento al governo cinese ed interferendo in modo arbitrario nelle questioni interne cinesi”: ha recitato la nota del portavoce del ministero degli Esteri, Liu Wiemin, “La Cina esprime una forte contrarietà e una netta opposizione a questi comportamenti”. Pechino dal conto suo continua a definire quella dell’esercito in piazza Tienanmen come una legittima reazione ad un tentativo controrivoluzionario nel quale rimasero uccise, a suo dire, 241 persone compresi dei militari. Per i gruppi per i diritti civili invece i morti della repressione sarebbero stati più di un migliaio, con oltre 10.000 feriti e migliaia di arresti. Secondo Human Rights Watch, almeno una decina di dissidenti sarebbero inoltre ancora in carcere per i fatti di piazza Tienanmnen. Le dichiarazioni del dipartimento di Stato che ha voluto chiedere alla Cina di proteggere i diritti umani dei suoi cittadini, potrebbero rischiare di riaccendere le tensioni tra Washington e Pechino dopo che nelle scorse settimane si era quasi raggiunto un punto di rottura per la vicenda di Chen Guangcheng, l’attivista cieco che era fuggito dagli arresti domiciliari e si era rifugiato nell’ambasciata Usa a Pechino.
Fonte: D.C., 4 giugno 2012
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