Tutti impazziscono per l’IPad, tutti lo vogliono, tutti lo acclamano. Ma chissà quanti si chiedono da dove materialmente arrivino questi ‘aggeggi’, chissà quanti ancora conoscono il nome “Foxconn” e quanti possessori di un iPad sanno che quel tablet che hanno tra le mani è stato prodotto in una mega azienda cinese, la Foxconn appunto, dove i ritmi di lavoro e le condizioni dei dipendenti sono al di là dei limiti umani. Precisamente un anno fa la suddetta azienda, che si trova a Shenzhen, nel sud della Cina, è stata accusata di aver causato il suicidio di alcuni suoi dipendenti , 13 per l’esattezza, i quali erano obbligati a turni di lavoro non stop, 8 ore filate senza pause e sempre in piedi, e, spesso, impossibilitati a tornare nelle proprie residenze, a causa della mole esagerata di lavoro, e quindi costretti a dormire in alloggi predisposti nella fabbrica stessa. Inoltre, ai dipendenti era vietato di dialogare tra loro e di parlare all’esterno del proprio lavoro. Una serie di regole e imposizioni che porta allo stremo la salute e la resistenza, fisiche e psichiche, dei dipendenti, fino ad far arrivare a decisioni estreme, come hanno fatto i 13 dipendenti nello scorso anno. A nulla sono valse le rassicurazioni dei dirigenti sullo stato dei dipendenti, che hanno consentito anche ad un centinaio di giornalisti di supervisionare lo stato delle cose, e gli accertamenti che la Apple aveva dichiarato di aver effettuato nei vari stabilimenti dell’azienda; infatti la Foxconn, chiamata anche iPad City, torna a far parlare di se. La denuncia arriva dalla Sacom (Students & Scholars Against Corporate Misbehaviour), un’associazione no profit che si è impegnata nel monitorare l’attuale stato dei dipendenti della Foxconn, che attualmente sta producendo dispositivi per Apple, HP, Sony, Motorola, Nokia e Dell. I membri della Sacom hanno intervistato circa 120 dipendenti, tra operari, caposettore e manager, che lavorano nelle fabbriche di Shenzhen, Chengdu e Chongqing. Per il milione di dipendenti dell’azienda cinese le condizioni non sono assolutamente cambiate: le ore di lavoro straordinario sono prolungate all’inverosimile (fino a 98 ore al mese per dipendente, contro le 36 massime imposte dalla legge) e non retribuite; il giorno di riposo viene concesso circa ogni 13 giorni lavorativi, così da non diminuire la produzione; non ci sono protezioni adeguate contro le polveri tossiche dei vari componenti dei dispositivi; i neo assunti vengono lasciati all’oscuro della questione salario e sono costretti a firmare una sorta di contratto in cui promettono di non farsi del male; inoltre, non è possibile protestare con i superiori, non è possibile chiedere aumenti in caso di infortuni e, in caso di suicidi, la famiglia non avrà alcun compenso economico.
Maurizio Martone
Fonte: Agenzia Radicale, 10 maggio 2011