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Buccellati gioielli finisce in mani straniere, Clessidra e la famiglia vendono ai cinesi di Gangtai

Un altro storico marchio del lusso italiani finisce in mano a un gruppo straniero, così come era avvenuto per Bulgari e Pomellato. Il gruppo acquirente è quotato alla Borsa di Shanghai e possiede negozi e una piattaforma per la vendita on line.

MILANO - I cinesi fanno ancora una volta acquisti a Milano, dimostrando di non essere interessati solo alle squadra di calcio. L’ultima preda a finire nel carniere dei grandi grupp di Pechino è lo storico marchio Buccellati. Azienda fondata nel 1919, tra i nomi più prestigiosi e conosciuti dell’orificeria, dei gioielli ma anche del settore orologi di lusso, dal 2013 era finita sotto il controllo del fondo di investimento Clessidra [1], fondato dall’ex manager Fininvest Claudio Sposito, ora scomparso.

L’operazione vede la cordata italiana (Clessidra al 67%, la famiglia Bucellati al 33%), cedere complessivamente l’85% delle quote azionarie al gruppo cinese Gansu Gangtai Holding: quotato alla Borsa di Shanghai, è un gruppo specializzato nella vendita retail di gioielli, anche attraverso una piattaforma on line e che possiede anche una società mineraria, specializzata nel settore dell’estrazione dell’oro. Nell’ultimo trimestre ha annunciato 377 milioni di fatturato e 5,9 milioni di utile.

Uno dei motivi che hanno portato alla vendita, potrebbe essere l’aver mancato l’obiettivo di fare di Buccellati un marchio globale e ancora più diffuso di come lo sia ora. Una nuova alleanza internazionale potrebbe portare a questo risultato, oltre che aprire le porte al mercato della nuova classe borghese in Cina. La famiglia Buccellati rimarrà nel capitale con un piccola quota e continuerà a gestire la società, la cui base operativa principale resterà in Italia. Così come non verrà modificata la stretegia industriale, che rimane rivolta a una fascia alta di consumatori.

A quanto riferiscono fonti finanziare, l’offerta era di quelle che non si potevano rifiutare. Il valore dell’enterprise value della società sarebbe stato fissato in 270 milioni, l’equity value sarebbe di 230 milioni di euro. In sostanza, l’azienda è stata pagata 6,6 volte il fatturato, una cifra che costituisce una sorta di record per le aziende del settore gioielleria.

Nella primavera scorsa, si era parlato di un possibile interessamento del gruppo francese Richemont, colosso svizzero che controlla i marchi di orologi Vacheron Constantin e Panerai, ma anche di gioielli come Cartier e che in Italia ha la maggioranza del gruppo specializzato per la vendita on line Yoox-Net a Porter. Secondo indiscrezioni trapelate nel maggio scorso, Buccelllati sarebbe stato valutato 200 milioni. [2]

Con questa operazione prosegue la diaspora dei gruppi del lusso italiani che finiscono in mano a gruppi stranieri. Nel settore gioielli, ricordiamo Bulgari che è passato sotto le insegne della multinazionale francese Lvmh e Pomellato che è stato comprato da Ppr, a sua volta battente bandiera francese.

Ennesima dimostrazione di come le eccellenze italiane vanno bene fino a quando rimangono di una certa dimensione ma non sono poi in grado di fare il salto di qualità a livello internazionale.

La Repubblica,Dicembre 23,2016

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Un’altra eccellenza del Made in Italy in mano cinese

Molti di voi potrebbero essere portati a pensare erroneamente: “ma a noi dei cinesi e della Cina non interessa”. Un modo irresponsabile di vedere questa tematica. Non mi voglio dilungare in complicate analisi da economista in quanto non lo sono e non ho nessuna pretesa di considerarmi tale, ma una certa capacità di riflessione ritengo averla ancora e non mi faccio anestetizzare dalle enormi idiozie che dicono molti media e giornali impastati come sono tra interessi politici ed economici.

La Cina essendo la seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti, la terza è la Russia, è considerato un paese in via di sviluppo e gode al livello di economia di enormi vantaggi. Per esempio i cinesi che investono in Italia o in altri paesi godono del salvacondotto di economia in espansione, con parecchi vantaggi economici a livello di tasse e altro ancora. I cinesi invadono i nostri mercati senza rispettare le nostre leggi.

Privilegi che noi non abbiamo con ovvie ripercussioni sul mondo del lavoro, del commercio e in altri settori.

Si sono talmente radicati nel nostro tessuto socio-economico e culturale che tra trenta-quaranta anni verranno estinte la nostre eccellenze, qualità, culture e tradizioni. In ballo ci sono i nostri figli e nipoti, che razza di eredità lasciamo loro? Siamo in mano a dei traditori della nostra amata Italia… o di quel che ne resta!

Da una analisi degli innumerevoli articoli di economia (si veda apposita sezione) pubblicati dalla LRF Italia viene mostrato in maniera inequivocabile ed esplicita come ci stiamo vendendo al soldo dei Cinesi, senza dignità, senza alcuna remora etica e morale, e tutto getta nello sconforto. Non viene fatta nessun tipo di analisi sulle eventuali ricadute sulla nostra economia.

Da questi articoli appare in maniera evidente che gli investimenti cinesi avvengono a scopo politico in ragione dell’imperialismo economico cinese.

Implicitamente, poi, non possiamo far finta di ignorare che l’acquisizione di potere cinese nelle nostre piccole e medie imprese serve a carpire il know-how e i segreti industriali che fino ad oggi hanno reso “grande” e unica la nostra piccola e media impresa, fiore all’occhiello del made in Italy: si è annidata una serpe nel suo seno che al momento sembra soccorrerla con denaro sonante, ma che presto sarà in grado di toglierle la vita.

Pensate ancora che la cosa non ci riguardi?

Gianni Taeshin Da Valle, LRF Italia ONLUS,26/12/2016