Attacco a Google, il movente era il furto

Non era né una bravata di studenti né un test di abilità l’attacco portato contro Google e diverse altre aziende a metà gennaio, ma aveva un obiettivo ben preciso: la sottrazione di codice sorgente.

I risultati delle indagini, tuttora in corso, hanno spinto Pechino a voler collaborare con Google per venire definitivamente a capo del mistero, a patto che vengano presentate le prove: “Se Google ha le prove che gli attacchi sono venuti dalla Cina, il governo cinese accoglierà con piacere le informazioni e punirà severamente i responsabili” ha dichiarato il viceministro per l’industria e l’informatica, Miao Wei.

Dopotutto il maggior motore di ricerca non ha ancora presentato una denuncia scritta, cosa che le autorità di Pechino non hanno mancato di far rilevare.

Nonostante i propositi di collaborazione, la tensione tra Stati Uniti e Cina non è ancora calata entro i livelli di sicurezza: la possibilità che Google abbandoni il mercato asiatico non è definitivamente tramontata e la Cina, per la quale la presenza di Google sarebbe gradita per dimostrare la propria apertura e la bontà delle proprie leggi, ha fatto sapere che un’eventuale uscita non sarebbe indolore.

“Se la società sceglie di ritirarsi dal mercato cinese” - ha dichiarato ancora Miao Wei - “deve far fronte a certe procedure secondo la legge e i regolamenti e affrontare i problemi dei clienti che dovessero emergere”.

Fonte: Zeus News, 8 marzo 2010

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