Apple ancora sotto accusa in Cina: ventisette fabbriche non in regola con le normative ambientali

Apple è ancora al centro di feroci critiche in Cina per il comportamento dei suoi fornitori cinesi.

L’anno scorso, ad attirare l’attenzione delle Ong che si occupano di diritti umani su Cupertino, era stata un’ondata di suicidi verificatasi in una delle fabbriche dove si producono componenti essenziali per i vari cellulari e iPad.Pochi mesi fa, 137 operai di un atro stabilimento avevano accusato gravi problemi di salute per aver inalato gli effluvi di una sostanza tossica che serve a levigare gli schermi tattili dell’iPhone. L’ultima denuncia riguarda invece il comportamento tenuto da più di due dozzine di fornitori dell’azienda fondata da Steve Jobs, poco ligi, secondo un rapporto dell’Ipe (Institute of Public and Environmental Affairs) di Pechino, alle normative in materia di rilascio di rifiuti nocivi e metalli pesanti nell’ambiente. Secondo l’associazione ambientalista la Apple approfitterebbe delle numerose scappatoie nella legislazione cinese in materia di diritto del lavoro per “realizzare enormi profitti” a scapito della salute degli operai e degli abitanti delle cittadine vicine agli insediamenti produttivi. A confermare questa diagnosi, contribuirebbe l’incremento nella percentuale di persone malate di cancro riscontrato in alcune località; nel rapporto, stilato dall’Ipe assieme a quattro altre Ong, si sottolinea in particolare il caso di un villaggio della provincia orientale del Kunshan dove a partire da quando, nel 2007, è entrata in attività una nuova fabbrica, ben nove dei sessanta abitanti complessivi si sono ammalati di tumore. L’azienda della Mela, tramite il suo portavoce Steve Dowling, ha difeso con forza il suo operato: “esigiamo dai nostri fornitori ambienti di lavoro sicuri – ha dichiarato Dowling a Reuters - che gli operai vengano trattati dignitosamente, e che siano utilizzati dei processi produttivi rispettosi dell’ambiente ovunque vengano fabbricati dei prodotti Apple”. La società pubblica ogni anno il “Supplier Responsibility Progress Report”, in cui fa il punto della situazione sulla condotta dei partner manifatturieri, ammettendo peraltro con onestà come non sia tutto rose e fiori. Nell’ultimo rapporto, si segnalava come l’11 per cento dei 127 impianti collegati non gestissero i rifiuti in maniera adeguata, e il 31 % non si conformassero agli standard di emissioni atmosferiche di legge. L’Ipe afferma di aver individuato, dopo un lavoro di ricerca durato cinque mesi, 27 fabbriche cinesi non in regola. Apple non è peraltro la sola azienda occidentale ad essere oggetto di biasimo da parte delle varie associazioni per i diritti umani; tutti i grandi produttori hanno, chi più chi meno, i loro centri di produzione in Cina o in Paesi limitrofi dove il costo della manodopera è molto inferiore che in Europa o in Usa, ed ancora fresco il ricordo di scandali come quello che nel 2007 colpì Mattel: il colosso dei giocattoli fu costretto a ritirare dal mercato quasi un miliondi pupazzetti fabbricati in Cina a causa dell’utilizzo di vernici al piombo, che avrebbero potuto avvelenare i bambini.

Fonte : La Stampa.it, 2 settembre 2011

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